Chiang-mai, Bangok, KohThao: caos ed emozione, sorrisi e dignità
Difficile raccontare lucidamente di un posto, quando ti è entrato così nel profondo, da tornare a fargli visita una seconda e una terza volta ancora, malgrado sia dall’altra parte del mondo e offra condizioni di vita tutt’altro che agevoli.
Il posto al quale abbiamo lasciato in affitto più di qualche pezzetto di cuore è la Thailandia.
Quella che va oltre le gite per turisti a dorso di elefante e le vivaci spiagge dai lettini sfarzosi.
La Thailandia alla quale abbiamo lasciato pezzi di cuore è quella povera e ospitale, fatta di caos e colori, di ritmi lenti e scorci confusi, di natura che ti avviluppa e cemento che ti
toglie il respiro, quella dei sorrisi sinceri, degli occhi felici, e delle Persone colme di Dignità.
In questo post, vogliamo raccontarvi la Thailandia con lo stesso disordine e la stessa emozione che ci hanno fatti innamorare perdutamente.
La Thailandia che ci ha fatto innamorare ci ha accolti in una serata buia e piovosa, prendendosi cura di noi dopo 30 ore di volo, sotto forma di grande auto blu e di un sorriso accogliente, e ci ha messi a dormire in una stanzetta dalle pareti cosparse di munuscoli geki color crema.
La Thailandia che ci ha fatti innamorare ci ha dato il benvenuto a piedi nudi, in un homestay dall’ingresso di liane, e chi ha accolti tra i sapori più autentici di pad thai, khao soi e koh coconut.
La Thailandia che ci ha fatti innamorare ci ha dato il buongiorno con quel ‘Sawadee kaa’ a mani giunte, che abbiamo imparato a conoscere giorno dopo giorno e sorriso dopo sorriso, e ci ha svegliati in un giardino dai fiori grandi come mani, coccolati dal suono di un ruscello che scorre senza fermarsi mai.
Con la fronte imperlata di sudore e, indosso, i pantaloni taglio ‘alibaba’ dalle stampe variopinte, ripercorro gli attimi che hanno costruito il nostro amore per la Thailandia che mai avremmo pensato di amare tanto.
Affascinante più che bella. Piena più che ricca.
Fatta di angoli nascosti e realtà da svelare con la stessa curiosità con la quale si scarta il regalo più piccolo sistemato dietro l’albero a Natale.
Chiang-mai, Bangok e Koh Thao. Tre tappe per scoprire un intero Paese, per viverne la realtà sfaccettata, svelarne i contrasti e scoprirne la ricchezza, oltre il caos e la polvere in superficie, sorseggiando un fruit shake.
I colori si danno il cambio, nella mente, tra i banchetti di frutta dalle tinte saturate e le montagne di acuminati durian dalla consistenza cremosa e dall’odore nauseabondo;
Le sensazioni non si contengono, in attesa della gita al centro di recupero per elefanti, un’emozione che torna a fare visita nei sogni più felici, un ricordo che scatena i sorrisi e la voglia di ripartire per rotolarsi nel fango insieme a questi pachidermi immensi e gentili;
Le labbra seguitano ad assaggiare sapori mai provati, mentre prepariamo noodles ai gamberi e involtini di banana al corso di cucina nella piovosa campagna thailandese, che ci ha regalato una giornata di spensierata allegria e ci ha svelato l’ingrediente non più segreto che rende immangiabile – o adorabile – ogni piatto thai (quel coriandolo che tanto somiglia al nostro prezzemolo… ma solo a vedersi);
Gli odori invadono i polmoni, nei market angusti dalle variopinte bancarelle, dove trovare ogni bene, e barattare per pochi centesimi, per i quali ricevere grazie a profusione;
La curiosità esplode, all’incontro serale di muai thai, spietato e seducente sul ring, incantevole tra gli spalti infiammati di passione per lo sport del Paese;
Si fa più vicina, la cultura thai, durante lo spuntino di zuppa anemica consumato a bordo strada sui tavolini alti pochi centimentri, nella notte che non dorme mai.
E si fanno più strutturati i pensieri, tra i megamall di Bangkok dove trovare le più originali inutilità alle quali è impossibile resistere, i mercati di bancarelle e i tuk tuk della travolgente Khao San Road e i templi che si svelano, d’improvviso, tra i palazzi in mezzo alla città con la loro luce un po’ timida che carezza i monaci immersi in preghiera, come non esistesse quel trambusto del mondo al di fuori.
E, poi, la pace di Koh Tao. Raggiunta a fatica, dopo ore di bus, soste notturne tra spezie e ravioli, e quad che sobbalzano tra le montagne sconnesse di un’isola dove il cemento non è ancora arrivato del tutto. Il silenzio di spiagge dove scorgere varani immobili e geki giganti, e la magia di un mare cristallino, caldo e appena salato, oltre la cui superficie immergersi in un universo incantato.
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Muto, sento solo il suono del mio respiro. Nero, svela i colori incantevoli della sua barriera più ricca. Vivo, si muove al ritmo di pesci dalle forme curiose.
Bollicine.
Emozioni.
Ricordi.
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