Grida di gabbiani e palafitte rosso sangue
Le Lofoten non sono un posto come gli altri. Non sono solo le isole che compongono un arcipelago. Non sono solo le perle nere della Norvegia. Non sono solo paesaggi e pesca e camminate.
Te ne accorgi più tardi.
Sbarchi dalla nave, l’odore ti ubriaca assieme alle grida dei gabbiani. C’è un senso di mistero che aleggia, tra le palafitte e i baccalà.
Te ne accorgi più tardi.
Quando le passeggiate alla scoperta di ogni angolo sono state tutte spuntate dalla lista delle cose da fare e le foto ricordo sono state tutte scattate.
Te ne accorgi più tardi.
Quando hai un attimo di nulla da fare. E ti siedi sul ciglio di un precipizio o alla finestra della palafitta in affitto che diventa la tua casa.
Quando prendi a passeggiare senza meta, e la fotocamera l’hai lasciata in stanza.
È lì che t’accorgi che qualcosa di surreale spira, tra queste montagne che sprofondano in un mare nero, denso e sconfinato, dove vivono, silenziose, creature mostruose, occulte e maestose.
È lì che t’accorgi che qualcosa di incognito soffia, tra le nuvole imponenti di questo cielo solenne che non conosce tramonti d’estate nè albe d’inverno, dove volano e strepitano colonie di uccelli bianchi.
È lì che t’accorgi che la natura governa. E l’uomo è di troppo.
Una indecifrabile, arcaica, alchimia che si scatena da ogni angolo.
Sei piccolo, lì. Sei già di troppo.
‘Hai visto abbastanza’, ti pare di udire. E senti che è ora d’andare.
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